VAIL 2015 - Bode Miller. I titoli di coda di una carriera fantastica e una storia incredibile

08 Febbraio 2015


Dal nostro inviato a Vail - Beaver Creek Bode Miller si ritira. È finita. Game over. Si chiude un ciclo, una pagina immensa dello sci alpino mondiale. Se ne va un personaggio difficilmente sostituibile, uno show-man unico, una stella assoluta. In pista e fuori. Ditelo come e quanto volete, ma viene il male solo a pensarci. E quindi meglio parare il colpo prima che arrivi e metabolizzare il subito lutto. Perché non siamo ancora arrivati ai titoli di coda veri e propri, ma ci siamo vicinissimi. E nell’intervista rilasciata alla NBC, anche se Bode non ha dato una risposta definitiva sulla sua carriera, l’espressione sul volto e l’emozione nel rispondere alle ultime domande di Dan Hicks, lasciano poco spazio all’ottimismo. Una cosa, comunque, è certa: se Bode chiude, chiude alla Bode. E stupisce tutti comunque. Prima di tutto a novembre, con una foto da film di Tarantino con tanto di sostanza verdognola proveniente dalla sua schiena. Operazione per limitare i danni di un disco vertebrale che tocca malamente sul nervo spinale. Nonostante la delicatezza dell’intervento e dell’infortunio, il ritiro – in quell’occasione – era stato escluso categoricamente. L’obiettivo stagionale, nonostante qualche scettico dubitasse dell’effettivo rientro dell’americano, rimanevano i Mondiali di casa a Vail e Beaver Creek. Stupisce tutti anche dopo: con un ennesimo calvario fatto di riposi, allenamenti a secco e in pista per ritrovare forma e convinzione. Al taglio del nastro della rassegna iridata, Bode c’era ed era il solito Bode: tono di voce rilassato, quasi addormentato, ma sicurezza palpabile e il piglio dei giorni migliori. «Al momento, seduto su questa sedia – aveva detto all’apertura – non posso dire di avere male alla schiena. Nelle ultime settimane ho anche fatto qualche sessione di sci aggressiva in Europa in preparazione di questi mondiali e devo ammettere che dopo la gara un po’ di fastidio l’ho avuto. Ma niente di serio comunque, i classici dolori che seguono a una prestazione sportiva. Qui punto ovviamente ad aprire il gas, ma saprò a che punto sono della condizione solo a fine gara». Sono passati 5 giorni appena, ma sembrano stagioni fa. Ma ha stupito tutti soprattutto in gara, mercoledì, in super gigante. Bode ha messo il bastoncini fuori dal cancelletto e il Red Tail Stadium in fondo alla Birds of Prey di Beaver Creek sembrava dovesse venire giù da un momento all’altro. Stessa cosa dopo i tre intertempi di Bode rispetto a quelli dell’austriaco in testa in quel momento, Georg Streitberger: sempre davanti e bolgia da stadio in crescendo. Fino a quella porta blu verso sinistra. Bode inforca col braccio, si gira malamente, cade e si taglia dietro al ginocchio destro. Il resto è cronaca. In molti si sono subito chiesti quale sarebbe stato il futuro dello statunitense dopo la caduta e l’addio prematuro dal mondiale. La maggior parte, a ragione, ipotizzava la fine della carriera per l’americano più vincente di sempre. A 37 anni suonati e una serie di botte che si accumulano, anche per Bode – lanciarsi a 130 all’ora su piste dalle pendenze buone per un alpinista in cascata di ghiaccio – è forse troppo. Sabato l’intervista alla Nbc: «ho cercato di ritirarmi già un paio di volte, ma non ce l’ho mai fatta veramente. A un certo punto molti fattori differenti concorrono a fare sì che questo avvenga. Non sono uno di quelli che ha bisogno di un assegno da mille dollari per farsi vedere, organizzare teatrini o altre cose di questo tipo. Non sono fatto così. Per questo sto seriamente pensando di non tornare più là fuori». Non è una dichiarazione secca al 100 per cento, soprattutto se letto nero su bianco, ma il volto e l’espressione di Bode nel video non aprono a molte interpretazioni. Quindi, se finisse per davvero? «Spero che le persone ricordino il mio vero modo sciare – ha detto un Bode visibilmente commosso –. Sono un tipo che non ha agende e non nasconde le cose. L’onestà del mio sciare, è questo che vorrei che la gente si ricordasse». Bode ha scritto una pagina incredibile dello sci ed è stato protagonista di una storia da film: vissuto in una casa nel bosco senza elettricità con genitori hippy, passerà alla storia come lo sciatore del mantra “go fast”. Alle Olimpiadi ha vinto in totale 6 medaglie: 1 oro, 3 argenti e 2 bronzi; mentre ai Mondiali ha messo in bacheca 4 iridati e un argento. E se le vittorie nella Coppa del Mondo generali sono state due (2005 e 2008), quelli di specialità si moltiplicano a 4: 2 in super gigante (2005 e 2007), una in gigante (2004) e una in super combinata (2008). È uno dei cinque uomini in grado di vincere in tutte e cinque le specialità dello sci alpino: speciale, gigante, super gigante, discesa libera e super combinata (come lui solo Marc Girardelli, Pirmin Zurbriggen, Kjetil André Aamodt e Günther Mader). Oltre alla carriera, Bode lascia altre domande aperte: sarebbe stato primo al traguardo del super gigante? Avrebbe vinto un’altra medaglia? E in libera cos’avrebbe combinato? Chissà. Anche in questo, se Bode chiude, chiude alla Bode. Con tre intertempi verdi e noi a rimuginare sui "se" e sui "ma". Nicola Busca

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