Ancora sull'incidente di Michael Schumacher a Meribel, part II


Ricordate la vicenda Schumacher? Mentre l’ex asso della Formula 1 è convalescente (?), ritorniamo a bocce ferme sul famigerato incidente di Meribel, datato 23 dicembre 2013. Se ne sono sentite di tutti i colori, e si scomodarono perfino i grandi inviati per andare a vedere da vicino il cosiddetto ‘fuoripista’ di Meribel che tradì Michael. Io, da sciatore, ho sempre avuto la mia interpretazione, pur con i pochi elementi disponibili che emersero. E mi piace smentire alcune sciocchezze che si sono lette sulla grande stampa e che si leggono salvo rari casi in occasione di incidenti sulle piste o per valanga.

Allora. 

Prima considerazione. Il terreno.

Analizziamo la conformazione del fuoripista maledetto. Innanzitutto, più che un fuoripista, lo definirei un spicchio ‘di risulta’, una terra (anzi una neve) di nessuno fra due delle più importanti piste battute della stazione sciistica delle Trois Vallées, che per inciso è forse il più bel comprensorio del mondo.

Pendenza media se non blanda. Roccette. Qualche traccia di snowboard sulla fresca. Lunghezza forse 50 metri larghezza 20 metri?  E lo chiamano fuoripista estremo? E dicono che Schumacher è stato spericolato? Mah…

 

Seconda considerazione. Piste alla francese…

Almeno giudicando dalle foto, le piste rosse e azzurre a fianco del luogo incriminato non sarebbero accettate dallo sciatore medio italiano. Gobbe come ai vecchi tempi. Il particolare non è irrilevante. Ci dice già molto su come i francesi ancora oggi intendano lo sci turistico e gestiscano le piste. Non meglio o peggio che in Italia. Dico solo che là è diverso.

Terza considerazione.  Segnalazioni e protezioni in pista.

Sempre per quanto è data da vedere nelle foto, non ci sono transenne nè segnalazioni. Né prima né dopo. Sono il primo ad ammettere che in Italia siamo al parossismo, con reti e protezioni in ogni dove, e piste come biliardi (se non sono tali rimangono chiuse oppure la gente va a protestare all’ufficio skipass). Però, ammetto che quando ci si abitua così, non è male. Diciamolo: in Italia potresti sciare a occhi chiusi e non ti succede niente. In Francia no. Secondo me lì nella variante ‘Scumacher’  non ci sarebbe stato male un cordino, o qualche paletto (a posteriori anche per una questione di buon gusto). E’ vero che la zona è chiaramente visibile, ma in caso di nebbia  ci si potrebbe finire dentro  ‘per sbaglio’ assai facilmente.  D’altronde in Francia la concezione dello sci turistico è lontana anni luce dalla nostra, come accennato poc’anzi. Ognuno è libero di andare dove gli pare, più o meno. La libertà dell’individuo sportivo, prima di tutto. Diversi sono ovviamente l’approccio culturale, la mentalità, come diversi sono i sistemi delle assicurazioni e delle responsabilità.

In conclusione: in Italia in materia di gestione dei comprensori sciistici e di sicurezza siamo avanti, molto avanti. Ma non sono sicuro che sia sempre un bene. Per una serie di motivi che andrò a spiegare in prossimi articoli.

Quarta  considerazione. Lo Schumacher sciatore.

Analizziamo la postura di Michael in base a foto e video circolati sulla rete. Il busto è molto eretto. Le braccia sono in posizione scorretta. Sembra anche ci sia valgismo delle ginocchia. Dà l’idea di sciare con una certa sufficienza. Probabilmente per uno come lui fare i 60 o i 70 l’ora è niente, in moto, in bici o sugli sci. Ma non sembra completamente padrone del mezzo. E forse non ha neanche la consapevolezza dei rischi dello sci, visto quelli che da pilota fronteggiava, riuscendoci freddamente e nel modo fantastico che ben sappiamo. Ora, ovviamente non si vuole criticare il povero Michael. Però, forse c’è una discrasia fra il suo livello tecnico reale e quello da lui percepito. Cosa che capita a molti. Sulle piste, si vede tanta gente che scia a una velocità non consona alla propria tecnica. E allora?  E allora anche nella sciata turistica impegno e concentrazione devono essere massimi, in qualunque pista, terreno o condizione. Anche nella stradina più piatta (anzi, soprattutto in quella), mai abbassare la guardia. Sempre centrali, sensibili, concentrati. Sicuri e rilassati ma sempre sul chi va là. Vale per l’intermedio come per il superesperto.

Quindi, tornando a Michael. Quando leggevo di un uomo che ama la ricerca del limite e il rischio, come è stato scritto, mi veniva da ridere. Lui ha avuto solo un pizzico di leggerezza e tanta sfortuna. Fatalità tragica. Come può succedere all’ultimo sciatore della domenica o a Ted Ligety.

Quinta considerazione. La dinamica dell’incidente.

Per me le cose sono andate così: Michael, per un motivo che non sappiamo (qui ci interessa poco,) ‘taglia’ fra le due piste. Forse va veloce, forse no, ma poco conta. Sicuramente prende la scorciatoia sotto gamba. Non è reattivo, subisce gli sci. Magari taglia di lì per far prima (Io non ci sarei passato, o comunque sarei andato molto piano). Succede però che s’impunta in una roccia nascosta, ed è l’ultima cosa che si aspetta, mentre uno sciatore saggio e dinamico avrebbe tenuto le antenne dritte. Per questo motivo Micahel cade violentemente in avanti, all’improvviso, senza reagire, senza mettere le mani avanti. Di piombo.  La sf… fa sì che l’impatto del volto sia un’altra roccia.

Sesta considerazione. Il boom del fuoripista.

Qui il discorso ci porterebbe lontano. Rimandiamo al prossimo intervento… Ma intanto vorrei dire che l’insidia non è solo la valanga. Il pericolo è il buco, il sasso, la radice, la neve che cambia. Ragazzi, attenti al ‘terrain’, soprattutto se non si conosce la zona, e massima sensibilità sotto i piedi sempre e comunque!



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