SICUREZZA SUGLI SCI - Aumenta l'uso del casco tra gli sciatori

01 Novembre 2011


MODENA. E' stato presentato allo SKIPASS lo studio condotto da 24hAssistance in collaborazione con l’Istituto superiore di Sanità (l’organo tecnico scientifico del Ministero della Salute) e le località  sciistiche un progetto sulla rilevazione dell’uso del casco sulle piste.

Nel corso della stagione invernale 2011 il sistema SIMON (Sorveglianza degli incidenti in Montagna) ha sperimentato presso un campione di stazioni sciistiche un monitoraggio degli sciatori per valutare il beneficio socio-sanitario ed economico conseguente all’uso del casco, nonché gli eventuali danni derivanti dall’uso o meno dello stesso. Sono stati monitorati 24.139 sciatori di età superiore a 14 anni in 11 località. La percentuale d’uso del casco complessiva è risultata pari al 45%, con un incremento del 7% rispetto allo scorso anno, con un range compreso tra il 31% di Monte Piselli e il 58% di Breuil-Cervinia.

L’uso del casco risulta ovunque superiore negli snowboarders, anche perché da più tempo il casco viene da questi utenti visto come parte integrante di una divisa e non come strumento di prevenzione del trauma cranico, venendo di fatto sdoganato quindi caratterizzato da una valenza simbolica positiva. In linea generale, infatti, mentre l’uso del casco tra gli sciatori adulti si attesta al 41%, tra gli amanti della tavola da neve il suo utilizzo arriva al 61%. I dati di quest’anno confermano la tendenza messa in rilievo nell’anno passato: il casco appare essere più utilizzato nei weekend, quando in media si possono osservare percentuali d’uso del casco superiori rispetto ai giorni feriali (La Thuile +4%, Limone Piemonte +10%, Chiesa in Valmalenco + 13%, Breuil- Cervinia +1%). Sembra, quindi, che nei periodi festivi lo sciatore-tipo è forse più incline a proteggersi con il casco e adotti modelli comportamentali leggermente diversi rispetto allo sciatore-tipo che si osserva sulle piste nei giorni festivi. Su questo, forse, agisce anche la percezione di un maggiore affollamento delle piste durante le festività la quale induce spontaneamente taluni comportamenti preventivi da parte degli sciatori. L’aumento dell’uso del casco nella popolazione di sciatori di età superiore ai 14 anni è un fenomeno largamente prevedibile. Anche in assenza di un obbligo specifico, le numerose campagne di sensibilizzazione sull’uso del casco, l’adozione di comportamenti mutuati dalla strada ove vige l’obbligo generalizzato dell’uso dei dispositivi di sicurezza e l’emulazione dei campioni dello sci hanno contribuito ad aumentare la consapevolezza dei rischi negli utenti della neve i quali stanno progressivamente adottando comportamenti più conservativi. La virtuosità di questo andamento sembrerebbe garantita “dal basso” nel senso che i bambini di oggi che fanno tutti uso del casco anche perché obbligati dalla legge saranno gli sciatori adulti di domani e si porteranno dietro i comportamenti, in questo caso virtuosi, appresi da bambini. Per contro smetteranno di sciatori anziani tra i quali l’uso del casco è meno diffuso, non fosse altro che per mancanza di abitudine. Se immaginiamo la popolazione degli sciatori come una vasca piena di acqua e la percentuale di uso del casco come la temperatura di quest’acqua, il meccanismo di input-output sopra descritto, sembrerebbe garantire l’ingresso nella vasca di acque a temperatura molto calda con la contemporanea fuoriuscita di acqua più fredda. Il risultato sarà che naturalmente la temperatura media dell’acqua sarà destinata ad aumentare. Ovviamente, affinché questo meccanismo virtuoso sia durevole nel tempo, ove non si voglia intervenire con leggi ad hoc che generalizzino l’obbligo dell’uso del casco (cosa che, peraltro, nessun governo nazionale o locale sta prendendo in considerazione) è necessario premere molto sull’acceleratore delle campagne di informazione/sensibilizzazione che sembrano poter garantire il mantenimento o l’innalzamento della soglia di attenzione. Da questo punto di vista molti Paesi hanno deciso di promuovere e incoraggiare l’uso del casco sulle piste da sci.

In Austria, per esempio in alcune province il casco è obbligatorio per i bambini fino a 15 anni di età. In queste province l’uso del casco nei bambini è aumentato del 16% tra la stagione 08/09 e quella successiva, arrivando a superare il 92%. Tuttavia non sembra che l’obbligo dell’uso del casco riservato ai minori dei 16 anni abbia avuto delle ripercussioni positive sull’uso del casco tra gli adulti, nel senso che nelle località ove vigeva l’obbligo del casco tra i minori di 16 anni, l’incremento dell’uso del casco tra gli sciatori “adulti” non è stato diverso rispetto a quanto è stato osservato nelle stazioni sciistiche ove non è presente alcun obbligo. Piuttosto, per queste classi di età sembrano efficaci campagne informative mirate a diffondere una consapevolezza dei vantaggi connessi all’uso del casco.

Gli Stati Uniti hanno un approccio differente al tema della sicurezza, lasciando liberi gli utenti della neve se usare o meno il casco, facendo conto sulla sensibilità personale. Gli unici obblighi rilevanti riguardano alcuni comprensori (Vail, Beaver Creek, Breckenridge, Keystone e Heavenly, Aspen) ove l’uso del casco è obbligatorio per gli addetti alla sicurezza sulle piste mentre ad Aspen, è stato anche introdotto l’obbligo dell’uso del casco per i ragazzi di età inferiore a 17 anni che frequentano la scuola sci. Nel 2010, un disegno di legge che obbliga i minori di 18 anni di indossare un casco è stato approvato dal Senato dello Stato della California, prima di raggiungere l'assemblea di stato per un voto finale. La legislazione renderebbe California il primo stato degli USA a richiedere l’uso del casco sulle piste da sci. Anche in un contesto di sostanziale deregulation l’uso del casco è aumentato del 12% nel corso dell’ultima stagione sciistica attestandosi attorno al 50% (dati National Ski Areas Association).

In Svizzera l’uso del casco negli ultimi 7 anni è cresciuto dal 16% all’82%, pur in assenza di uno specifico obbligo di legge. Quindi da una parte le campagne di sensibilizzazione hanno funzionato, anche se vi è ancora una differenza tra le zone di lingua tedesca e i cantoni francesi: poco meno di due terzi degli sciatori in Svizzera francese indossano il casco, mentre nelle zone di lingua tedesca la percentuale d’uso sale all’86%. Anche la Slovenia ha adottato l’obbligo dell’uso del casco per i minori di 13 anni. In Canada, nello stato del Quebec i legislatori hanno preso in considerazione l’obbligatorietà dell’uso l'uso del casco dopo che l'attrice Natasha Richardson è morta a seguito di una caduta nel 2009 nel comprensorio di Mont Tremblant. Nessuna legislazione è stata introdotta, anche se la Canadian Standards Association ha detto che il casco può ridurre il rischio di lesioni alla testa del 60 per cento. Per la Francia non abbiamo dati consistenti sull’uso del casco nella popolazione adulta (anche se tra i minori di 11 anni l’uso è del 94%), ma l’ultimo rapporto sugli incidenti negli sport invernali pubblicato dalla Médicins de Montagne riporta un quadro accidentologico che più fornire utili spunti di riflessione sulla situazione della sicurezza delle piste da sci in Italia

Anche i dati francesi, come quelli del sistema SIMON per l’Italia, evidenziano un quadro di sostanziale bassa pericolosità: più di 9 incidenti su 10 hanno conseguenze lievi che vengono trattate ambulatorialmente, mentre solo il 4,5% richiede un’ospedalizzazione immediata. Sempre in analogia con quanto evidenziato dal SIMON, i dati francesi confermano che anche se hanno un grande clamore mediatico, gli scontri tra sciatori rendono conto di 1 solo incidente su 10. In riferimento alla composizione degli utenti della neve in Francia su 100 persone ¾ sono sciatori e ¼ snowboarder. Per l’Italia abbiamo indicazioni meno precise, ma i dati disponibili, anche alla luce dei “flussi di traffico” registrati dal sistema SIMON, indicano che in Italia la quota degli snowboarder sia attorno al 20%. Il tasso di trauma cranico (TC) in Francia appare in aumento e ha raggiunto quest’anno il 3,3% come valore medio, ma in caso di scontro il tasso aumenta ancora fino al 6,7%. Non è immediato riportare il dato francese a quello italiano, perché i dati francesi verificati presso gli ambulatori di medicina di montagna verosimilmente consentono una diagnosi di TC più esatta rispetto a quella che può essere solo presuntiva effettuata dal soccorritore sulle piste. Tuttavia ipotizzando che la percentuale del TC osservata nei dati francesi sul totale dei traumatismi alla testa e al tronco sia la stessa che si potrebbe osservare nei dati italiani qualora si avesse la possibilità di una diagnosi più precisa di TC, in Italia il tasso di TC sarebbe superiore rispetto a quello osservato in Francia: 5,5% (I) contro 3,3% (F) ma inferiore al 6,8% osservato in Canada.

di Andrea Greco
01 Novembre 2011

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