Sci ticinese in crisi. Impianti di risalita, è solo una questione di soldi?

04 Ottobre 2008

In questi giorni il caos sembra essersi abbattuto su tutto ciò che ruota attorno al turismo invernale, il rischio concreto è quello di scrivere la parola “fine” su di un settore economico e una vasta gamma di sport che costituiscono una caratteristica stessa del nostro Cantone e della nostra società. La perizia commissionata dal Governo a una ditta grigionese ha espresso una sentenza implacabile sul futuro degli impianti di risalita ticinesi: per la maggior parte di essi il fallimento è inevitabile, perché non riusciranno mai ad essere redditizi, quindi è inutile continuare ad iniettarvi denaro pubblico. Dal punto di vista prettamente finanziario, il destino che sembra essere destinato agli sport invernali è comprensibile; ma è veramente una questione solo di soldi? L’analisi si limita ad un discorso di indotto economico, ma esula dalla realtà che si sviluppa attorno allo sport invernale e che non può essere monetizzato. Penso in particolare al ruolo educativo, sociale e salutare che comporta la pratica di questo genere di attività, soprattutto per quanto riguarda il mondo giovanile. Abito in Valle Leventina e lavoro in Valle di Blenio, una buona parte dei giovani che conosco e con i quali lavoro praticano delle discipline sportive sulla neve, utilizzando nel week-end e il mercoledì pomeriggio gli impianti della nostra regione. Cosa dovremo dire a questi giovani? Quali altre attività potremmo offrir loro? Come educatori insistiamo sul valore positivo dello sport, del movimento e dell’aggregazione sociale, ma se leviamo loro una delle principali risorse che hanno sul territorio, la montagna appunto, resteranno pochi ambiti per sviluppare questi aspetti positivi. Una scuola, uno sci club, un corso G+S, un gruppo di amici… non rappresentano certo una fonte ingente di guadagno per gli impianti di risalita (a queste categorie sono giustamente concesse delle tariffe privilegiate), ma sono di gran lunga i maggiori utilizzatori del settore economico in questione. Non possiamo trasformare in indotto economico la gioia, il bene, la salute che la permanenza sulle piste di sci garantisce ai nostri giovani, ma sappiamo perfettamente l’importanza che questo costituisce per la loro crescita personale. Chiusura quindi? Se essa avverrà, non ci resterà altro che parlare ai nostri ragazzi di programmi televisivi, computer e giochi elettronici, facendo dimenticar loro la passione per lo sport, il movimento all’aria aperta e tutto ciò che le valli in cui abitano possono ancora fornire di utile e prezioso rispetto ai centri urbani. fonte: ticinonews.ch - Stefano Imelli

di Andrea Greco
04 Ottobre 2008

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