Effetto Foehn (non è l'asciugapelli)...


di Fabio Bottonelli

EFFETTO FOEHN IN CITTA’

Neve neve e neve (e pioggia pioggia pioggia…), fin troppa… Ora abbiamo avuto un novembre così. Ma poi non meravigliamoci se fra qualche giorno capiteranno altri scherzetti climatici, quando magari faranno 20 gradi e poco dopo 2 o 3. Non necessariamente questi sono segnali catastrofici di un climate change – che pur non si può negare – ma semplicemente bisogna dire che abbiamo la memoria corta verso i fenomeni rari (che non vuol dire impossibili), e una ipersensibilità per le cose meteo. Per esempio: l’effetto Foehn (da non confondere con l’asciugacapelli, non c’è correlazione!). Non si fa sentire in modo paradossale solo di qua e di là delle alte barriere alpine, quando passiamo per un valico. Ma perfino nelle città possono esserci differenze fra un quartiere e l’altro, anche in presenza di piccoli rilievi. E’ il caso di Bologna, “una vecchia signora dai fianchi un po' molli col seno sul piano padano ed il culo sui colli”, come cantava Francesco Guccini. Ricordo perfettamente due episodi ravvicinati l’anno scorso di questi tempi, con repentini ed ‘inquietanti’ sbalzi di temperatura di oltre 10 gradi in poche ore.

Successe l’11 dicembre: esco dall’ufficio alle 19 tutto infagottato, dopo una giornata freddissima e piovosa, ma sento caldo... uff, mi toglierò il giaccone. Bene, entro in auto e sento uscire un gelo siberiano, quasi irreale. Temperatura dell’aria: 15,5 °C quando fino a un’ora prima si viaggiava tra 0,5 e 1 °C. Curiosamente il freddo della notte e della mattina era rimasto intrappolato dentro la macchina!

Successe di nuovo il 15 dicembre: esco di casa (posta nella zona sud di Bologna sotto le colline) e il termometro dell’auto segna 15 °C. Poco dopo, neanche un quarto d'ora, poso di nuovo gli occhi sul cruscotto in A13 all’uscita Bologna Interporto, a nord nella campagna pianeggiante, e leggo 2,5 °C.

Meteo impazzito? Riscaldamento globale? Eventi estremi? Macchè …. : effetto Foehn.

L’origine è molto semplice: una massa d’aria umida va a sbattere violentemente, per effetto di correnti portanti sostenute, su una catena montuosa. La massa d’aria si solleva, si raffredda e rilascia su questo versante gran parte della sua carica umida (sotto forma di pioggia o neve). E quando arriva sul crinale che fa? Ormai ‘secca’, cade verso valli e pianure sottostanti, anche di 1000/2000 metri, secondo la differenza di altitudine. Questa caduta, per effetto di un fenomeno fisico che nulla ha a che vedere con i cambiamenti climatici, provoca una compressione della massa d’aria e dunque il suo riscaldamento. Un riscaldamento che può arrivare addirittura a 10 °C ogni 1000 metri di perdita di quota. Ecco spiegato il caldo improvviso e quasi irreale. Ed ecco perché a volte (come il 15 dicembre) questo effetto è più percepibile sotto la catena montuosa (eh sì, perché l’Appennino Tosco Emiliano è una catena montuosa non indifferente con i suoi 2000 metri di altezza rispetto alle pianure circostanti) che non nelle pianure adiacenti, anche a soli pochi chilometri.

Foehn lo chiamano oltralpe (dove, essendo provocato da venti con componenti meridionali – scirocco o libeccio – le temperature di caduta possono raggiungere temperature davvero alte), favonio in Italia. Che è un nome dolce ed evocativo, in quanto di derivazione latina col significato di ‘vento che fa crescere, germogliare’. ‘Vento del diavolo’ è invece chiamato in California, ma ogni popolo ha dato il suo nome a questo vento inquietante, impetuoso e fastidioso.

E sul versante opposto, quello investito direttamente dalla massa d’aria, che accade? Effetto ‘stau’ è chiamato, ma ne parleremo in altra occasione, magari quando il nostro povero Appennino ne potrà beneficiare con copiose nevicate.

Scritto in collaborazione con Matteo Bottonelli