Skt. Moritz part 2: Corviglia


di Fabio Bottonelli

Allora, detto e ridetto – vedi il mio precedente articolo “St. Moritz part 1” - che passare qualche giorno a St. Moritz vale la pena almeno una volta nella vita, costi quel che costi, andiamo più nel dettaglio sulle ragioni che mi portano a fare quello che sembra un tifo sfegatato per la grande stazione sciistica engadinese. Il contesto in cui si scia fa la differenza, perchè sciare non è solo un gesto tecnico-sportivo-ludici tanto per fare...

La grandiosità; la luce; i laghi; la storia. In Engadina la forma delle singole montagne è meno immediata che nelle Dolomiti, ma è il paesaggio nel suo complesso a far innamorare. Per la sua straordinaria armonia. Non per caso è una meta di fama mondiale, che ha stregato artisti, letterati e filosofi.  Ma tutto ciò è cultura generale. E poi le architetture tradizionali; l’anima ‘romancia’… Dall’alto dei comprensori sciistici lo sciatore-viaggiatore intelligente e osservatore va oltre lo scorazzare per decine di piste una più bella dell’altra, ma può godersi ancor meglio tutto questo ben di Dio, da prospettive fantastiche, sempre diverse. Il contesto in cui si scia, insomma, fa la differenza.

St. Moritz paese, leggermente a mezzacosta sul versante soleggiato, appare ancora più bella vista da lontano o dall’alto delle piste (da ‘dentro’ è un po’ una minimetropoli), sopratutto di sera, con mille luci che scintillano. La visita del paese, legato alla storia dello sci e del turismo, con i grandi alberghi di lusso meriterebbe un capitolo a sè... I borghi circostanti, Samedan, Pontresina, Celerina, Silvaplana, Maria Sils… sono uno più bello dell'altro, ma quello che preferisco, anche per la dimensione raccolta, è Zuoz con le sue case storiche, o S-chanf. E vogliamo parlare della quiete della magia d’antan del Passo Maloja?

Ma tornando allo sci: qui siamo su livelli altissimi. St. Moritz vuol dire prima di tutto la possibilità di spaziare su una grande varietà di terreni e di piste, con conformazioni, esposizioni e situazioni sempre interessanti, per tutti i momenti della giornata e della stagione. Un giorno qui, uno là: e non ti annoi, anzi ti esalti. Si viaggia su tre diversi comprensori complementari, per un totale di 155+120 km di piste. Corviglia, Corvatsch e Diavolezza. Con lunghezze, dislivelli e quantità di innevamento super, grazie anche alla elevata quota media delle piste, il cui grosso si sviluppa fra i 3000 m (e oltre) e i 2000 m, con l’unico inconveniente che solo i tratti finali dei rientri sono fra gli alberi, e che quindi la visibilità in quota è problematica in caso di cielo nuvoloso o bufera.

Scendendo più nel dettaglio, possiamo seguire idealmente una sorta di ski safari sui due comprensori principali, che si fronteggiano nell’aperta vallata, affacciati sui mitici laghi (quasi sempre ghiacciati e innevati): Corviglia e Corvatsch.

Il versante Corviglia-Piz Nair  (fino a 3052 m) si sviluppa sopra il paese, affacciato essenzialmente a sud est, ma sempre con buon innevamento. Autostrade di neve, canaloni, spianate, panettoni, tanto sole, una storica pista nera che si getta sul paese a fianco della funicolare. E’ il versante dei Mondiali e delle gare di Coppa del Mondo. A me piace prenderlo da Celerina, salendo in cabinovia fino a Marguns, una conca innevata che è il nodo sciistico di questa zona. Qui mi scaldo le gambe subito sui pistoni disegnati fra questi valloni e anfiteatri, come la Selin, dove la mattina la neve è sicuramente ottima, liscia, per spostarmi successivamente verso ovest, nel cuore storico della ski area, sopra St. Moritz. Mi piace qui tuffarmi sul panorama del paese e della vallata con la pista 9, per poi risalire con la funicolare da Chantarella (questo di St. Moritz paese - Dorf è il nodo di arroccamento centrale, che affianca  Celerina, mentre da St. Moritz Bad si sale anche per mezzo della funivia Signal). Dopo di che, la salita in funivia al punto più elevato del comprensorio, Piz Nair, è d’obbligo. Attimo di ammirazione, ed ecco la discesa della rossa Grischa nel vallone selvaggio. E poi ancora, via a sbizzarrirmi con i tracciati larghi e mai banali serviti dalle seggiovie portanti della ski area, e cioè la Salastrains e la Alp Giop. Ma più oltre, un'altra mia favorita è la mitica “ultima pista” cioè quella più decentrata del comprensorio. Una vera pista chill out, la rossa ‘Paradiso’ n.1, con tanto di postazioni per fare yoga e panchine meditative. In fondo c’è l’esclusivo omonimo club con terrazza chic. E se si vuole andare a curiosare fra chalet di lusso, ville milionarie e hotel pentastellati nascosti nel bosco, provate a scendere per la discesa a valle 29 per Suvretta (risalita con seggiovia Suvretta-Chandolin) dove ammirare dall'esterno lo storico hotel lusso, o anche per le romantiche stradine ‘blu’ nel bosco n. 27 e 28 che riportano alla funivia Signal o in paese. Il livello medio di sciatori è piuttosto alto, qui si buttano a uovo quasi tutti... Per tornare a Marguns, è tutto abbastanza rapido, seguendo il percorso inverso, senza bisogno di prendere nemmeno un impianto. Finale in bellezza con la discesa a valle su Celerina: un po’ all’antica, atipica per la zona, con curvoni quasi parabolici, strettoie, secchi cambi.

Segue in part 3



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